Quantcast
Channel: Fotografia – Cosebelle magazine – Femminile, indipendente, brillante
Viewing all 62 articles
Browse latest View live

RIFATTI GLI OCCHI: MAROESJKA LAVIGNE

$
0
0
rifattigliocchimaroesjkalavigne_Cosebelle_01

© Maroesjka Lavigne

Partire per quattro mesi per scoprire e fotografare quella luce vivida e brillante, aspettando che il giorno si estenda fino alla notte e il sole non cali mai. I paesaggi bianchi e vuoti diventano grafici, le città sembrano modellini in scala. Quello che ha cercato di fare è stato esprimere quel momento, in cui a volte il tempo sembra arrestarsi.

Questa è l’Islanda per Maroesjka Lavigne.

rifattigliocchimaroesjkalavigne_Cosebelle_19

© Maroesjka Lavigne

rifattigliocchimaroesjkalavigne_Cosebelle_18

© Maroesjka Lavigne

rifattigliocchimaroesjkalavigne_Cosebelle_14

© Maroesjka Lavigne

La serie si intitola Island (2012), e Maroesjka ci piace perché guarda alla natura incuriosita dalle linee e dai disegni che gli elementi vi disegnano sopra, senza farsi spaventare dall’immensità di questi spazi e dagli stereotipi nel rappresentarli, ma offrendoci la visione del suo primo incontro con tutto un mondo fatto di persone, animali, superfici, segni e vuoto che è l’Islanda.

rifattigliocchimaroesjkalavigne_Cosebelle_13

© Maroesjka Lavigne

rifattigliocchimaroesjkalavigne_Cosebelle_20

© Maroesjka Lavigne

rifattigliocchimaroesjkalavigne_Cosebelle_15

© Maroesjka Lavigne

rifattigliocchimaroesjkalavigne_Cosebelle_09

© Maroesjka Lavigne

rifattigliocchimaroesjkalavigne_Cosebelle_10

© Maroesjka Lavigne

“Credo che l’immagine dei gamberi sia una delle mie preferite, perché è una di quelle stranezze della vita quotidiana, che capita di notare. Ero con questa ragazza, e li mangiava sempre e ne aveva lasciati alcuni nel lavandino. Ho pensato che fosse un po’ strano, ma quando li guardavo mi sembravano davvero belli, e molto grafici per le righe che si staccavano dai loro corpi”.

rifattigliocchimaroesjkalavigne_Cosebelle_12

© Maroesjka Lavigne

rifattigliocchimaroesjkalavigne_Cosebelle_08

© Maroesjka Lavigne

rifattigliocchimaroesjkalavigne_Cosebelle_03

© Maroesjka Lavigne

rifattigliocchimaroesjkalavigne_Cosebelle_04

© Maroesjka Lavigne

rifattigliocchimaroesjkalavigne_Cosebelle_00

© Maroesjka Lavigne

 

La fotografia su Cosebelle Mag è RIFATTI GLI OCCHI

 


RIFATTI GLI OCCHI: ALFONS WALDE

$
0
0
rifattigliocchi_AlfonsWalde_Cosebelle_20

© Alfons Walde / Bildrecht 2014

C’é stato un momento tra le due guerre mondiali in cui il turismo sciistico ebbe un boom considerevole. Proprio in quel periodo da qualche parte sulle piste da sci delle Alpi di Kitzbühel si nascondeva tra la neve il tirolese Alfons Walde. E non da solo!

rifattigliocchi_AlfonsWalde_Cosebelle_11

© Alfons Walde / Bildrecht 2014

Inizia a disegnare e dipingere durante gli studi a Innsbruck ed in seguito si trasferisce a Vienna dove si ritrova a passeggiare con Gustav Klimt e Egon Schiele. I soggetti preferiti tra gli il 1920 e il 1940, oltre ai rifugi di legno coperti da strati di neve, sono le donne nude. Ne studia le forme del corpo osservandole dall’obiettivo fotografico con uno sguardo insistente, curioso e divertito. Le vuole vedere ferme e in azione, ma sempre esclusivamente nella natura invernale delle Alpi. Il colore della pellicola Agfa gli permette di catturare tutte le scene con realismo, per poi disegnarle o trasformarle con acquerello e tempera.

rifattigliocchi_AlfonsWalde_Cosebelle_21

© Alfons Walde / Bildrecht 2014

rifattigliocchi_AlfonsWalde_Cosebelle_24

© Alfons Walde / Bildrecht 2014

rifattigliocchi_AlfonsWalde_Cosebelle_22

© Alfons Walde / Bildrecht 2014

rifattigliocchi_AlfonsWalde_Cosebelle_23

© Alfons Walde / Bildrecht 2014

rifattigliocchi_AlfonsWalde_Cosebelle_25

© Alfons Walde / Bildrecht 2014

La mostra The Erotic Photography of Alfons Walde presso il Westlicht Schauplatz für Photographie di Vienna fino all’8 febbraio 2015 raccoglie alcuni scatti erotici che per la composizione e le pose classiche delle modelle lo avvicinano alla fotografia di moda. Qui una stampa a contatto dei negativi:

rifattigliocchi_AlfonsWalde_Cosebelle_02

© Alfons Walde / Bildrecht 2014

© Alfons Walde / Bildrecht 2014

© Alfons Walde / Bildrecht 2014

Infine, ecco qui Alfons Walde in un simpatico autoscatto invernale come mamma l’ha fatto:

rifattigliocchi_AlfonsWalde_Cosebelle_15

© Alfons Walde / Bildrecht 2014

Che dire? Buon inverno e buona neve!

Westlicht Schauplatz für Photographie – Vienna

Dove&Quando: Westbahnstraße 40, 1070 Wien - fino all’8 febbraio 2015
Orari: Martedì, mercoledì e venerdì dalle 14.00 alle 19.00, giovedì fino alle 21.00, sabato e domenica dalle 11.00 alle 19.00. Chiuso di lunedì. Per informazioni scrivere a info@westlicht.com!

-

La fotografia su Cosebelle Mag è RIFATTI GLI OCCHI

PURTROPPO TI AMO

$
0
0

Purtroppotiamo_Cosebelle_01

Un libro di fotografie, a pensarci, è un po’ un controsenso. T’aspetti di leggere e ti ritrovi a guardare. Guardare con gli occhi di un altro, un salto in un mondo diverso, che non t’appartiene eppure ti sfiora e non ha parole ma parla, ti parla, racconta, si spiega. Non c’è esegesi di un testo ma comunque ampio spazio all’interpretazione se la fotografia ti coinvolge, ti punge, come diceva Barthes.

Purtroppotiamo_Cosebelle_02

Federico Pacini, classe 1977, pubblica per Editrice Quinlan il suo “Purtroppo ti amo“. Una raccolta di foto della sua Siena, che raccontano un’ Italia e una vita interiore fatta delle sfumature della contraddizione. Difficile spiegare a parole un’immagine. Ancora di più spiegarne tante. Eppure ci sembra che aleggi come una certa malinconia, non priva di commozione, diciamo simile a quella che sta dietro il vetro appannato di una pigra domenica uggiosa.

Purtroppotiamo_Cosebelle_03

Tutto è fermo, cristallizzato in un attimo fuori dal tempo, oppure fuori tempo massimo, lasciato indietro, sul punto d’essere dimenticato. Nella fotografia di Pacini pure le cose sono sole e fan pena. S’impossessa di loro il vuoto e la desolazione, vengono incalzate dal moderno, vecchie fermate d’autobus arruginite, madonne fuori posto, auto d’epoca sul ciglio della strada. E poi la poesia della materia e degli oggetti, l’una viva e ridente come il ramo d’un ciliegio in fiore, gli altri già morti, prigionieri di una fissità crudele.

Purtroppotiamo_Cosebelle_04

E l’essere umano? L’essere umano è un fantasma, qualcuno che è passato di lì e se ne è già andato lasciando scritte spray e poster pubblicitari sui muri, disabitando via via ciò che gli è caro e che ora rimane abbandonato a se stesso, come un cane in autostrada. L’Italia del bello e del brutto, dei preti e dei vandali, delle sale d’aspetto, dei megastore dell’elettronica e dei fiorai.

Purtroppotiamo_Cosebelle_05

Ce la racconta Pacini, non senza lacrime e quasi andandosene anche lui. Tra le labbra, una dichiarazione bisbigliata: “Purtroppo ti amo”.

RIFATTI GLI OCCHI: VANESSA WINSHIP

$
0
0
rifattigliocchi_VanessaWinship_Cosebelle_08

© Vanessa WInship

È stata estesa fino al 22 marzo 2015  la mostra personale di Vanessa Winship alla Fondazione Stelline di Milano!

rifattigliocchi_VanessaWinship_Cosebelle_09

© Cosebelle Mag

Nata nel Lincolnshire in Inghilterra, è la prima donna ad aver ricevuto il premio Henry Cartier Bresson per la fotografia nel 2011, con il progetto She dances on Jackson. United Statesuna serie dedicata agli Stati Uniti e al silenzio nascosto di questa potente nazione.

rifattigliocchi_VanessaWinship_Cosebelle_11

© Cosebelle Mag

Moglie del fotografo George Georgiou di cui si innamora ai tempi dell’università, compie con lui lunghi viaggi tra Balcani, Mar Nero, Caucaso, Spagna e Stati Uniti. Più del documento, del reportage o del bianco e nero della sua fotografia ci piace quel senso di fragilità che hanno i personaggi ritratti e i luoghi, entrambi segnati dalla propria storia, dentro e fuori.

rifattigliocchi_VanessaWinship_Cosebelle_15

© Vanessa WInship

rifattigliocchi_VanessaWinship_Cosebelle_18

© Vanessa WInship

rifattigliocchi_VanessaWinship_Cosebelle_14

© Vanessa WInship

Le 100 foto esposte appartengono alle serie Imagined States and Desires: A Balkan Journey, Black Sea: Between Chronicle and Fiction, Sweet Nothings: Schoolgirls of Eastern Anatolia e Georgia.

Non perdetevela!

Fondazione Stelline – Milano 

Dove&Quando: Corso Magenta 61, Fondazione Stelline, Milano –  fino al 22 marzo
Orari: dal martedì alla domenica, dalle 10 .00 alle 20.00, chiuso al lunedì. Biglietto intero € 6, ridotto € 4,50, scuole € 2.

RIFATTI GLI OCCHI: GUY BOURDIN

$
0
0
rifattigliocchiGuyBourdin_Cosebelle_04

© Estate of Guy Bourdin, courtesy of Michael Hoppen Gallery

Se state pensando a un weekend in una città europea considerate che fino al 28 marzo 2015 alla Michael Hoppen Gallery di Londra trovate le Walking Legs di Guy Bourdin! Basterà fare un giro per Chelsea e camminare poco oltre la Saatchi Gallery. Convinti? In alternativa, seguite i passi…

rifattigliocchiGuyBourdin_Cosebelle_01

© Estate of Guy Bourdin, courtesy of Michael Hoppen Gallery

La serie unisce la campagna pubblicitaria realizzata da Bourdin nel 1979 per il designer di scarpe Charles Jourdan, realizzata durante un road trip in Cadillac da Londra a Brighton. Invece di usare delle modelle per i suoi scatti Guy ha scelto  gambe di manichini che indossano le creazioni di Jourdan ai piedi e attraversano luoghi deserti, creando così un nuovo immaginario visivo surreale degno del suo amico Man Ray, in una palette di colori vibrante.

rifattigliocchiGuyBourdin_Cosebelle_03

© Estate of Guy Bourdin, courtesy of Michael Hoppen Gallery

rifattigliocchiGuyBourdin_Cosebelle_02

© Estate of Guy Bourdin, courtesy of Michael Hoppen Gallery

L’intensa carriera di Guy Bourdin come fotografo di moda si estende dal 1955 al 1990 con i servizi per Vogue, Harper’s Bazaar, Yves Saint Laurent, Chanel e Versace.
Continua ad essere fonte di ispirazione per fotografi di moda contemporanei come Tim Walker o Nick Knight.

rifattigliocchiGuyBourdin_Cosebelle_04

© Estate of Guy Bourdin, courtesy of Michael Hoppen Gallery

 

Michael Hoppen Gallery – Londra

Dove&Quando: 3 Jubilee Place, London SW3 3TD – fino al 28 marzo 2015.
Orari: dal lunedì al venerdì, dalle 09 .30 alle 18.00, sabato dalle 10.30 alle 17.00. 

La fotografia su Cosebelle Mag è RIFATTI GLI OCCHI

DRUGSTORE CAMERA

$
0
0

Drugstorecamera_Cosebelle_01

Ce li ricordiamo così Dennis Hopper, Peter Fonda e un giovanissimo Jack Nicholson nel Road Movie per eccellenza: Easy Rider. In sella a una moto, un coast to coast dei sogni, il deserto a destra e sinistra, gli anni della libertà col loro carico di illusioni.

Quello non era solo un film. Era un sogno, che vissero in molti fino ad un brusco risveglio. Lo stesso Hopper, durante le riprese del film, aveva quel luccichio nello sguardo. Lo sguardo giovane della possibilità e della scoperta, della ricerca del nuovo, sguardo bambino di chi s’affaccia al mondo per la prima volta e lo scopre pieno di tesori.

Drugstorecamera_Cosebelle_02

La natura e le persone che si svelano, gli oggetti che parlano una lingua mai ascoltata prima. In giro con la troupe, la sua famiglia e i suoi amici, Dennis Hopper comprava macchine fotografiche usa e getta, scattava ciò che vedeva intorno a sè coi suoi occhi nuovi, poi tornava nei laboratori fotografici dei drugstore e sviluppava le sue fotografie.

Drugstorecamera_Cosebelle_03

A guardarle oggi, pubblicate da Damiani Editore nella raccolta Drugstore Camera, le foto di Hopper raccontano un passato vibrante di emozioni perdute. Scattate in Taos, nel New Mexico, sono una carrellata di ritratti polverosi, paesaggi privi di confini in cui lo sguardo si perde oltre l’orizzonte, nudi femminili pieni di promesse, oggetti e luoghi abbandonati che trasudano poesia.

Drugstorecamera_Cosebelle_05

La fine degli anni ’60, la West Coast on the road in stile Beat Generation, l’idealismo politico, l’ottimismo del Flower Power e tutta la California Coolness che ci ha fatto innamorare di un’epoca che non abbiamo mai vissuto ma ricordiamo con nostalgia.

Drugstorecamera_Cosebelle_06

Dennis Hopper ci stava dentro con tutta l’anima quando disse a Jack Nicholson nel film: “Che c’è di male nella libertà? La libertà è tutto. Ah sì, è vero: la libertà è tutto, d’accordo… Ma parlare di libertà ed essere liberi sono due cose diverse. Voglio dire che è difficile essere liberi quando ti comprano e ti vendono al mercato. E bada, non dire mai a nessuno che non è libero, perché allora quello si darà un gran da fare a uccidere, a massacrare, per dimostrarti che lo è. Ah, certo: ti parlano, e ti parlano, e ti riparlano di questa famosa libertà individuale; ma quando vedono un individuo veramente libero, allora hanno paura”.

C/O BERLIN E LA MOSTRA DI LORE KRÜGER

$
0
0

A Berlino abitano tantissimi italiani, non é un mistero.

Ma anche questa volta non ho voglia di parlare di loro. Mi sembra più interessante raccontare la storia di Lore Krüger, una fotografa tedesca celebrata in questi giorni presso il C/O Berlin, il celebre Museo della Fotografia insediato da pochi mesi nella Amerika Haus, a due passi dalla fermata di Zoologischer Garten.

Il ritrovamento di una valigia contenente foto originali scattate nel decennio 1934-1944 ha fornito il pretesto per organizzare questa retrospettiva dedicata a una donna che, probabilmente in uno dei periodi piú difficili della sua esistenza – quello della fuga dalla persecuzione nazista, ha saputo sviluppare un raffinato senso estetico e di sperimentazione fotografica.

lore_krueger_key_visual_0

Ritratto di Lore Krüger, 1935 © Florence Henri/Nachlass Lore Krüger/Courtesy Galleria Martini & Ronchetti, Genoa, Italy

selfportrait

Autoritratto © Lore Krüger

Attraverso circa 100 scatti in bianco e nero è in qualche modo possibile rivivere la perigrinazione di Lore Krüger in Francia, Spagna, America, attraverso gli sguardi incrociati dalla sua macchina fotografica, che immortala modelli in studio ma anche zingari per strada; la stessa macchina che la accompagna nei primi esperimenti fotografici astratti del periodo.

Gitani, 1936 © Lore Krüger

Gitani, 1936 © Lore Krüger

Fotogramma, 1942 © Lore Krüger

Fotogramma, 1942 © Lore Krüger

Modella, artista, intellettuale, attivista: Lore Krüger è stata una di quelle donne che ha fatto sentire la sua voce in un mondo che non aveva ancora orecchie per voci femminili.

Uno di quegli esempi da tenere a mente quando si crede di non avere la forza necessaria per affrontare certi ostacoli o quando non ci sembra chiaro il significato della parola coraggio.

-

Lore Krüger. Ein Koffer voller Bilder

C/O Berlin – Amerika Haus . Hardenbergstraße 22–24 . 10623 Berlin

Aperto tutti i giorni dalle 11 alle 20 fino all´8 aprile.

RIFATTI GLI OCCHI: RINKO KAWAUCHI

$
0
0
rifattigliocchirinkikawauchi_Cosebelle_03

KUNST HAUS WIEN outside view
© KUNST HAUS WIEN / W. Simlinger

Siete mai stati alla Kunst Haus di Vienna? L’edificio è stato costruito dall’architetto, pittore ed ecologista austriaco Friedensreich Hundertwasser, nel quartiere Landstraße nel 1991. La facciata e gli interni sono caratterizzati da mosaici di ceramiche coloratissime, organizzate in modo simmetrico. Con i suoi 4000 metri quadri ospita importanti mostre di artisti contemporanei: fino al 5 luglio troverete la mostra della fotografa giapponese Rinko Kawauchi!

rifattigliocchirinkikawauchi_Cosebelle_08

© Rinko Kawauchi, “€œUntitled”, from the series: AILA, 2004.

rifattigliocchirinkikawauchi_Cosebelle_10

© Rinko Kawauchi, “€œUntitled”, from the series: AILA, 2004.

rifattigliocchirinkikawauchi_Cosebelle_06

© Rinko Kawauchi, “œUntitled”, from the series: Illuminance, 2007.
courtesy: Meessen De Clercq

Il titolo della mostra è Illuminance e rappresenta la prima retrospettiva di Rinko Kawauchi in Europa. Le sue fotografie sono famose per la delicata palette di colori che caratterizza la sua poetica, l’attenzione a piccoli dettagli quotidiani e la ricerca di corrispondenze formali negli organismi viventi e in natura così come nella vita quotidiana. 

rifattigliocchirinkikawauchi_Cosebelle_11

Rinko Kawauchi, “Untitled”, from the series: Illuminance, 2009.
courtesy: | PRISKA PASQUER

rifattigliocchirinkikawauchi_Cosebelle_07

© Rinko Kawauchi, “œUntitled”, from the series: Illuminance, 2011.
courtesy: Christophe Guye Galerie

rifattigliocchirinkikawauchi_Cosebelle_09

© Rinko Kawauchi, “€œUntitled”, from the series: AILA, 2004.

Della serie AILA del 2004, edito da Little MoreCosebelle ha pubblicato la recensione del libro con tante altre fotografie.

rifattigliocchirinkikawauchi_Cosebelle_12

© Rinko Kawauchi, “Untitled”, from the series: AILA, 2004.

rifattigliocchirinkikawauchi_Cosebelle_13

© Rinko Kawauchi, “Untitled”, from the series: Illuminance, 2009.
courtesy: | PRISKA PASQUER

rifattigliocchirinkikawauchi_Cosebelle_04

Exhibition
“Rinko Kawauchi. Illuminance”
© KUNST HAUS WIEN 2015
Photo: Eva Kelety

rifattigliocchirinkikawauchi_Cosebelle_05

Portrait: Rinko Kawauchi
© Arnoldas Kubilius

A fine mostra la Kust Haus propone una placida sosta tra i tavolini del giardino d’inverno, e proprio in questo momento di contemplazione vi dico che quello che ci piace più di tutto nelle fotografie di Rinko è vedere lo straordinario nell’ordinario.

rifattigliocchirinkikawauchi_Cosebelle_02

KUNST HAUS WIEN garden
© KUNST HAUS WIEN / W. Simlinger

Kunst Haus Wien – Vienna

Dove&Quando: Untere Weißgerberstraße 13, 1030 Vienna, Austria – fino al 5 luglio 2015.
Orari: dal lunedì alla domenica, dalle 10.00 alle 19.00. 

La fotografia su Cosebelle Mag è RIFATTI GLI OCCHI


RIFATTI GLI OCCHI: STEPHEN GILL

$
0
0
©  Stephen Gill

© Stephen Gill

Se siete in cerca di bellezza fermatevi un secondo a guardare le fotografie di Stephen Gill: per realizzare la serie Hackney Flowers ha collezionato fiori, semi e bacche trovate nel quartiere di Hackney, East London, mentre scattava fotografie all’area e ai suoi abitanti. Nel suo studio all’interno di una warehouse a Bethnal Green compone le immagini sovrapponendo gli elementi naturali raccolti e successivamente li ri-fotografa creando quadri a livelli del quartiere, poetici e coloratissimi.

Qui trovate il libro homemade.

rifattigliocchistephengill_Cosebelle_02

© Stephen Gill

Alcune fotografie della serie sono in mostra fino al 24 luglio a Fotografia Europea Reggio Emilia 2015 all’interno della mostra No Man Nature a cura di Elio Grazioli e Walter Guadagnini. La mostra in linea con il tema di questa decima edizione del festival emiliano Effetto Terra, indaga il rapporto uomo-natura attraverso lo strumento fotografico inteso come strumento di conoscenza e relazione con il mondo.

rifattigliocchistephengill_Cosebelle_01

© Stephen Gill

rifattigliocchistephengill_Cosebelle_00

© Stephen Gill

La collettiva è allestita presso Palazzo da Mosto, e include le fotografie dei fotografi Darren AlmondEnrico BedoloRicardo CasesPierluigi FresiaDominique Gonzalez-Foerster e Ange LecciaMishka HennerAmedeo Martegani, Richard MosseThomas RuffBatia SuterCarlo ValsecchiHelmut Völter.

Fotografia Europea Reggio Emilia 2015 – Reggio

Dove: Luoghi vari. No Man Nature presso Palazzo da Mosto, via Mari, 7, 42121 Reggio Emilia – fino al 26 luglio.
Orari: Da venerdì a domenica; venerdì dalle 16.00 alle 23.00; sabato dalle 10.00 alle 23.00; domenica dalle 10.00 alle 20.00. Biglietto unico per accedere a tutte le mostre di Fotografia Europea 2015: €12 interno e €9 ridotto.

La fotografia su Cosebelle Mag è RIFATTI GLI OCCHI

RIFATTI GLI OCCHI: BEASTLY / TIERISCH

$
0
0
rifattigliocchibeastly_Cosebelle_08

© Jitka Hanzlová
Untitled, Horse, 2010 / Katja Novitskova
Approximation III, 2013

A pochi km da Zurigo, al Winterthur Musuem of Photography trovate la mostra fotografica più bestiale di tutta la Svizzera: è Beastly/Tierisch! Curato da Duncan Forbes, Matthias Gabi e Daniela Janser, il progetto espositivo approfondisce la rappresentazione del mondo animale attraverso le opere di artisti e fotografi contemporanei, tra cui Nobuyoshi Araki, Charlotte Dumas,  Stephen Gill e Simen Johan.

rifattigliocchibeastly_Cosebelle_04

© Simen Johan, Untitled #174 aus der Serie Until the Kingdom Comes, 2013

Ma che cosa sono gli animali? Mettiamola così: “se solo avesse la parola!“. E’ proprio il logos, la parola, che nelle tesi di celebri filosofi da Aristotele a Heidegger, da Descartes a Kant, Lèvinas e Lacan, differenzia l’uomo e l’animale. Non per il filosofo francese Derrida, che ribalta la questione e fa dell’interrogativo sul mondo animale la nascita del pensiero stesso:

L’animale ci guarda e noi siamo nudi davanti a lui. E pensare comincia forse proprio qui. ( J. Derrida, L’animale che dunque sono, 2006).

rifattigliocchibeastly_Cosebelle_03

© Nicolas Deveaux
5m80, 2013
Digitale Animation, 5.27 min.

Le immagini di animali sono presenti ovunque nella nostra cultura: dai giornali alla televisione a internet. Quante volte avete cliccato sull’articolo “i 10 animali più strani del mondo”? Non solo, gli animali sono al centro di dibattiti sull’ industrializzazione dell’allevamento, le alterazioni genetiche, i diritti. In questo contesto, esiste una branca di studi, gli Animal Studies, che vuole scardinare la categorie tradizionali che vedono uomo-animale in opposizione: forte di questo indirizzo contemporaneo, sulla scia del pensiero di Derrida, la mostra si apre così con lavori di artisti che hanno cercato di rappresentare l’animale da un punto di vista non antropocentrico.

rifattigliocchibeastly_Cosebelle_01

© Marcus Coates
Tortoise aus der Serie Ritual for Reconciliation, 2014

Sam Easterson ha agganciato una macchina fotografica sopra un armadillo per creare una visione “autentica”, mentre le fotografie di Peter Hujar hanno messo in questione l’alterità uomo-animale con ritratti ad animali in posa come esseri umani. Una seconda parte della mostra si concentra sul controllo dell’uomo sull’animale e il suo sfruttamento. In particolare la serie di Mishka Henner, Feedlot e la serie fotografica di Erik Kessels In Almost Every Picture, presentano con ironia la questione dell’animale come alimento.

rifattigliocchibeastly_Cosebelle_02

© Revital Cohen/Tuur Van Balen
Sterile, 2014

Infine, la mostra si interroga sul futuro degli animali, compresa la possibilità di trasformarsi in esseri artificiali con conseguenze devastanti per la natura stessa. Il progetto di Revital Cohen e Tuur van Balen, Sterile, suggerisce la fine di ogni significato del termine natura: l’installazione del 2014 documenta la vita di 45 pesci rossi albini appositamente progettati dal professore Yamaha Etsuro nel suo laboratorio a Hokkaido, Giappone, per vivere senza organi riproduttivi, come parte della sua ricerca. 

Avete tempo fino al 4 ottobre 2015!

Beastly/Tierisch – Fotomuseum Winterthur 

Dove: Fotomuseum Winterthur, Grüzenstrasse 44 + 45, CH-8400 Winterthur (Zurigo) – fino al 4 ottobre 2015.
Orari: Da martedì a domenica dalle 11.00 alle 18.00, mercoledì dalle 11.00 alle 20.00, lunedì chiuso. Biglietti adulti 10 CHF, ridotto 8 CHF, combo ticket per tutte le mostre 19 CHF o 15 con riduzione.

La fotografia su Cosebelle Mag è RIFATTI GLI OCCHI

THE FOURTH WALL

$
0
0

Si sa, i teatri sono luoghi d’incanto, racchiudono atmosfere misteriose e piene di fascino. Seduti sulla nostra poltroncina Art-decò, osserviamo incuriositi il palcoscenico in attesa della prossima magia… ma quante volte ci siamo chiesti: cosa nasconde quel sipario? Reti, ingranaggi, luci e percorsi, tutto un po’ al buio. E un po’ segreto.

Klaus Frahm, The Fourth Wall, Hamburg, 2015, Musical-stage, Phantom of the Opera.

Klaus Frahm, The Fourth Wall, Hamburg, 2015, Musical-stage, Phantom of the Opera.

Klaus Frahm, The Fourth Wall, Markgräfliches Opernhaus, Bayreuth, 1997

Klaus Frahm, The Fourth Wall, Markgräfliches Opernhaus, Bayreuth, 1997

Klaus Frahm, The Fourth Wall, Theater Gütersloh, 2010   This image gave the idea to start this series.

Klaus Frahm, The Fourth Wall, Theater Gütersloh, 2010
-This image gave the idea to start this series-

Klaus Frahm, The Fourth Wall, Avar Aalto Opernhaus, Essen, 2012

Klaus Frahm, The Fourth Wall, Avar Aalto Opernhaus, Essen, 2012

Il lavoro di Klaus Frahm ci regala una prospettiva del tutta nuova attraverso la quale è possibile spiare o, forse sarebbe meglio dire, “incorniciare” il dietro le quinte dei teatri. Il progetto fotografico si occupa di palcoscenici e nello specifico della “quarta parete”, termine noto nel mondo del teatro che sta ad indicare la finestra attraverso il quale ci si espone al pubblico, il muro immaginario posto davanti al palco, attraverso il quale il pubblico osserva l’azione. Classicamente il teatro veniva percepito come una scatola da guardare, dove la scene avviene quindi l’attenzione era focalizzata dal pubblico in direzione del palco. In questo progetto la direzione è opposta: si va dal palco al pubblico, la fotocamera è lontana, dietro la cortina di ferro.

Klaus Frahm, The Fourth Wall, Cuvillié-Theater, München, 2013

Klaus Frahm, The Fourth Wall, Cuvillié-Theater, München, 2013

Klaus Frahm, The Fourth Wall, Wagner Festspielhaus, Bayreuth, 2014 Iron curtain.

Klaus Frahm, The Fourth Wall, Wagner Festspielhaus, Bayreuth, 2014
Iron curtain.

Klaus Frahm, The Fourth Wall, Residenz-Theater, München, 2013

Klaus Frahm, The Fourth Wall, Residenz-Theater, München, 2013

Looking From Behind:The Fourth Wall permette di ammirare il contrasto tra dentro la scena e fuori la scena, mostrando, ad esempio, le classiche poltroncine di velluto, rosse, comode e accoglienti, incorniciate da strutture metalliche e robusti ponteggi. Apprezziamo la portata e la grandezza degli stages senza la presenza di persone ed oggetti di scena, l’imponenza di queste meravigliose strutture è avvolta nel silenzio.

Klaus Frahm, The Fourth Wall, Opernhaus Leipzig, 2011

Klaus Frahm, The Fourth Wall, Opernhaus Leipzig, 2011

Klaus Frahm, The Fourth Wall, Deutsches Schauspielhaus, Hamburg, 2014

Klaus Frahm, The Fourth Wall, Deutsches Schauspielhaus, Hamburg, 2014

#cosebellebreak Awards

$
0
0

Se anche voi siete tornati alle vostre scrivanie e sospirate cantando ininterrottamente i Righeira, vi avvertiamo: il post a seguire sarà ad alto “tasso di rosicamento”.

cosebelle_summer_break_def

cosebelle_summer_break_def21

Con il #cosebellebreak, il gioco fotografico dell’estate 2015, vi abbiamo seguito ovunque, tra kit di viaggi esotici e mari luccicosi, per non perderci neanche un briciolo delle vostre vacanze. E adesso, anche se in spiaggia di ombrelloni non ce ne sono più ed è tempo che i gabbiani arrivino in città, vogliamo crogiolarci ancora un po’ nella nostalgia dei ricordi passando in rassegna gli scatti più belli:

__ 28 luglio – 2 agosto | La prima cosabella dell’estate

© wonderwaymi

© wonderwaymi

__ 3-9 agosto | Il kit perfetto per l’estate

© uncinettoimperfetto

© uncinettoimperfetto

__ 10-16 agosto | Mare profumo di mare

© elisagram

© elisagram

__17-23 agosto | La compagnia bella

© giuliadini

© giuliadini

__ 24-30 agosto | Una cosa bella da ricordare in inverno

© mirta_su

© mirta_su

__ 31 agosto – 5 settembre | Cartoline belle – il paesaggio dell’estate

© bellavitamanu

© bellavitamanu

Nel ringraziarvi per la vostra (invidiatissima) partecipazione, vi consigliamo di seguirci Instagram per non farvi scappare il prossimo #cosebellebreak!

IL MONDO SECONDO VANESSA MCKEOWN

$
0
0

Stelle filanti, palloncini, bigodini e caramelle: con Vanessa McKeown le nature morte diventano più vive che mai.
Con le sue immagini, infatti, questa art director, fotografa e artista inglese ci porta in un mondo coloratissimo e pop, in cui nulla è come che sembra.

vanessamckeown_cosebelle_04vanessamckeown_cosebelle_02vanessamckeown_cosebelle_01

Oggetti quotidiani reinventati, piante che prendono vita, cibi sani che diventano junk food e alimenti che si trasformano in palloncini: la creatività di Vanessa spiazza lo spettatore divertendolo, proponendogli immagini inedite e invertendo continuamente i ruoli, in un flusso dalle tinte shocking.
Un universo spiccatamente femminile ma irriverente, tra ironia e surrealismo, tra estetica ed insight: per vedere il mondo con occhi nuovi, pieni di colori e stupore.

vanessamckeown_cosebelle_03

Good gone bad

vanessamckeown_cosebelle_05

Party food

 

SCAR PROJECT: le cicatrici come prevenzione

$
0
0

È quando usciamo dalla nostra zona di comfort che stiamo realmente facendo qualcosa che per noi è importante. Anche quest’anno, per il mese della prevenzione del tumore al seno, vi propongo un progetto fotografico un po’ “scomodo” proprio perché obbliga a uscire dalla propria zona di comfort. “THE SCAR PROJECT“, che significa letteralmente “il progetto cicatrice”, è una serie fotografica che ritrae donne sopravvissute al cancro al seno e che mostrano, senza pudore o vergogna, i segni e le cicatrici di una battaglia che non hanno scelto di combattere, ma che hanno vinto.
Le foto, scattate dal fotografo di moda David Jay, ritraggono donne dai 18 ai 35 anni che hanno subito una mastectomia e “sono una conferma di vittoria sul male e una rivincita personale” secondo Jay, che si è avvicinato ad un tema così delicato e allo stesso tempo forte, dopo aver saputo del cancro al seno di un’amica di soli 29 anni.

the scar project, fotografia, photography, tumore al seno, breast cancer, ottobre rosa, prevenzione

the scar project, fotografia, photography, tumore al seno, breast cancer, ottobre rosa, prevenzione

the scar project, fotografia, photography, tumore al seno, breast cancer, ottobre rosa, prevenzione

the scar project, fotografia, photography, tumore al seno, breast cancer, ottobre rosa, prevenzione

the scar project, fotografia, photography, tumore al seno, breast cancer, ottobre rosa, prevenzione

the scar project, fotografia, photography, tumore al seno, breast cancer, ottobre rosa, prevenzione

the scar project, fotografia, photography, tumore al seno, breast cancer, ottobre rosa, prevenzione

the scar project, fotografia, photography, tumore al seno, breast cancer, ottobre rosa, prevenzione

the scar project, fotografia, photography, tumore al seno, breast cancer, ottobre rosa, prevenzione

Cosa dire, fa male vedere i segni che la malattia ha lasciato sui corpi di queste donne, ma fa bene vedere quanto il tumore non abbia lasciato cicatrici nei loro spiriti. Con i loro volti fieri, gli sguardi intensi ed emozionati davanti all’obiettivo della macchina fotografica di David, queste “modelle per un giorno” sono pronte ad esorcizzare la paura e a mostrarsi d’esempio per essere d’aiuto e far capire che tutte le donne possano farcela a vincere una battaglia che hanno scelto, proprio come loro!

OBLIVION

$
0
0

image

Non è facile comunicare per immagini. Ci vuole coraggio. Quello di aprirsi ad un’interpretazione che non passa per il letterale ma che si affida al simbolo e può essere dunque trascesa, fraintesa, vituperata. Ma quando il segno è chiaro, chiaro è anche il messaggio.

É il caso di Stefania Sammarro, giovane fotografa calabrese che per Falco Editore cura Oblivion. Un libro di visioni oniriche dove la bellezza è un racconto che si snoda attraverso le varie discipline: il cinema muto, il teatro, la storia dell’arte. Ci sono eroine senza voce e corpi che paiono usciti dalle tele del Caravaggio, terre desolate e paesaggi senza nome.

image

Il libro vanta la collaborazione di personalità autorevoli provenienti dai diversi ambiti d’esplorazione dell’autrice: da Daniele Dottorini, docente di Cinema presso l’Università della Calabria, all’attrice Imma Guarasci, al docente di Filosofia Giuseppe Ferraro, alla psicoanalista Simonetta Costanzo.

image

A dimostrazione che l’arte crea un ponte tra le scienze e il mondo, proprio per l’ampiezza del suo respiro. Il racconto di Stefania lega ragione e inconscio, cronaca – evidente il rimando a temi d’attualità come la violenza sulle donne – e immaginario  consegnandoci nel vivo di un sogno lucido che emerge prepotente e ci punge nel vivo dell’anima. A volte senza nemmeno sapere perché.

image

Non ci resta che navigare in questo oblio, sapendo che ovunque si perda lo sguardo lo troveremo in un mare di grazia, dolcemente, a naufragare.


Who’s afraid of women photographers?

$
0
0

Chi ha paura delle donne fotografe? Noi di certo non ne abbiamo mai avuta! Mentre Sguardo di Donna. Da Diane Arbus a Letizia Battaglia. La passione e il coraggio ai Tre Oci di Venezia si è da poco conclusa, a Parigi prosegue ancora per pochi giorni – fino al 24 gennaio 2016 - Qui a peur des femmes photographes?, mostra dedicata all’universo fotografico femminile che racconta il primo secolo di produzione fotografica da parte delle donne, europee e americane. E’ divisa in due sezioni in ordine cronologico e in due sedi: la fase dal 1839 al 1919 si svolge presso il Musée de l’Orangerie, dal 1918 al 1945 al Musée d’Orsay. 

rifattigliocchi_womenphotographers_Cosebelle_01

Alice Austen (1866-1952) Trude and I masked, short skirts, 6 août 1891
© Courtesy of Historic Richmond Town, Staten Island, New York

rifattigliocchi_womenphotographers_Cosebelle_04.jpg

Christina Broom (1862-1939)
London, 1909 © Christina Broom/Museum of London

La mostra ci fa conoscere le storie di 75 donne fotografe, alcune decisamente note come Tina ModottiHelen Levitt e Dorothea Lange, altre meno conosciute come le pioniere del fotogiornalismo inglese e americano Frances Benjamin Johnston e Christina Broom, e le artiste Julia Margaret Cameron e Gertrude Käsebier, molte totalmente sconosciute. Cosa ha destato il nostro interesse?

rifattigliocchi_womenphotographers_Cosebelle_02

Ruth Bernhard (1905-2006)
Embryo, 1934 © Trustees Princeton University
/Photo courtesy of the Keith de Lellis Gallery, New York

Siamo state colpite dal talento di Madame Yevonde che nel suo studio fotografico a Londra creava i suoi sperimentali ritratti a colori, che all’epoca (il 1930) avevano scandalizzato il pubblico abituato al bianco e nero. La fotogiornalista Margaret Bourke-White è stata la prima donna fotografa del settimanale Life e l’unica fotografa straniera a avere il permesso di fotografare in URSS. Abbiamo scoperto che anche Constance Talbot era fotografa, oltre a essere la moglie di uno degli uomini nella rosa degli inventori della fotografia nel 1839: l’inglese Henry Fox Talbot… Quando si dice che dietro un grande uomo c’é sempre una grande donna! Il titolo della mostra, infine, richiama un’altra grande donna del Novecento, legandosi direttamente a Who’s afraid of Virginia Woolf? del drammaturgo Edward Albee.

rifattigliocchi_womenphotographers_Cosebelle_08

Julia Margaret Cameron (1815-1879)
Mrs Herbert Duckworth, 12 avril 1867 © Paris, Bibliothèque nationale de France/ © Madame Yevonde

Ma una domanda sorge, come dire, spontanea: perché una mostra sulla fotografia al femminile? La curatrice Ulrich Pohlmann si sofferma sulla volontà di sottolineare il ruolo delle donne nella ricerca, nella creatività e nello sviluppo del mezzo fotografico. Se siete o sarete a Parigi nei prossimi giorni, andate a vedere la doppia esposizione e raccontateci le vostre impressioni!

__
Qui a peur des femmes photographes?
- Parigi
Dove: Musée de l’Orangerie e Musée d’Orsay – fino al 24 gennaio 2016.
Orari: Musée de l’Orangerie dal lunedì alla domenica dalle 9.00 alle 18.00 (chiuso il martedì); Musée d’Orsay dal martedì alla domenica dalle 9.30 alle 18.00 (chiuso il lunedì). Biglietto intero 12€.

La fotografia su Cosebelle Mag è RIFATTI GLI OCCHI

Arte, danza e fotografia: il progetto di Misty Copeland dedicato alle ballerine di Degas

$
0
0
MistyCopelandDanceProject LaStella Degas

Misty Copeland in “The Star” di Edgar Degas

Unire arte, danza e fotografia in un unico progetto puntando al tempo stesso ad abbattere con grazia e delicatezza le barriere di classe, di razza e tutti quegli stereotipi che – purtroppo – da troppo tempo caratterizzano il mondo della danza classica.

Questo è in sintesi quello che ha fatto Misty Copeland, una donna forte e determinata che dopo un passato difficile e un lungo percorso in punta di piedi fra sudore e fatica ha realizzato un sogno ed è diventata la prima ballerina afro-americana a ricoprire il ruolo di étoile dell’American Ballet Theatre di New York.

Una conquista che l’ha spinta a impegnarsi in altri progetti dentro e fuori dal palcoscenico: dalla sua autobiografia “Life in motion” fino alla messa in scena de Il lago dei cigni nel ruolo di Odette, Misty continua ad esplorare il mondo della danza per raccontarne le mille sfaccettature a un pubblico sempre più ampio, per dimostrare che la danza è accessibile a tutti, a prescindere dalla razza o dal colore della pelle, e che con impegno e dedizione i sogni si possono davvero realizzare.

MistyCopelandDanceProject BallerinaVerde Degas

Misty Copeland in “Swaying Dancer (Dancer in Green)” di Edgar Degas

Per dimostrarlo stavolta si è affidata a Degas e alle sue ballerine facendosi ritrarre da Ken Browar e Deborah Ory, fotografi del NYC Dance Project, per ricreare alcuni dei dipinti e delle sculture più famosi del celebre artista riproponendo scene, posizioni e costumi e mostrando così il legame forte e reale fra l’arte, l’artista e l’opera.

MistyCopelandDanceProject LaBallerina Degas

Misty Copeland in “Dancer” di Edgar Degas

Edgar Degas ha lavorato alle sue ballerine raccontando la danza in chiave moderna, con una sguardo nuovo a questo mondo, uno sguardo concreto e reale che ha mostrato i dietro le quinte, i momenti di pausa e di aggregazione fra le ballerine, i dettagli degli abiti e i movimenti immortalando un momento ma facendo percepire al contempo il movimento e la fluidità che racchiudeva. Una bellezza meno eterea e meno poetica forse ma certamente più forte, la stessa bellezza rappresentata da una ballerina nuova e contemporanea, capace di distruggere gli stereotipi proprio come Misty.

MistyCopelandDanceProject_PiccolaDanzatricedi14anni Degas

Misty Copeland in “Little Dancer Aged Fourteen” di Edgar Degas

Foto di Ken Browar & Deborah Ory –  Fonte harpersbazaar.com 

L'articolo Arte, danza e fotografia: il progetto di Misty Copeland dedicato alle ballerine di Degas sembra essere il primo su Cosebelle magazine - Femminile, indipendente, brillante.

Trend design: 4 visioni sul 2016

$
0
0

Qualcuno storcerà il naso dinanzi alla scelta di indicare, così a ridosso della Milano Design Week, 4 visioni sul design del 2016: non si dovrebbe – si obietterà – aspettare il più grande evento di settore al mondo per definire i nuovi orientamenti? A guidarci in questa mini-ricognizione è la volontà di fare il punto su prospettive e scenari di ampio respiro, facendo i nomi, tratteggiando tendenze in vari ambiti della progettazione e della società. Oltre il design puro. Questi 4 trend a cura della redazione DESIGN, dunque, andrebbero intesi così come sono stati concepiti: pause, soste, inviti alla riflessioni su cosa sta avvenendo, accanto a noi, in ciascuno dei settori che seguiamo: per passione, curiosità o professione. Prima di essere fagocitati da eventi e novità, nella foga della Milano Design Week, fate come noi: tirate il fiato.

Arte: Esperimenti visuali su Instagram

Trend-design-4-visioni-sul-2016-ugly-art-instagram

Great art in ugly rooms

Trend-design-4-visioni-sul-2016-Babes-at-the-museum-instagram

Babes at the museum

Cosa succede se prendiamo dei capolavori dell’arte di tutti i tempi e li piazziamo al centro di stanze dall’arredamento opinabile? Deve essere stata questa la domanda dell’artista americano Paul Kremer, che sul suo feed Instagram Great art in ugly rooms propone una curiosa operazione di straniamento: opere d’arte più o meno celebri spostate dal loro contesto abituale, che spesso è una chiesa rinascimentale o le sale neutre di un museo, e trasportate in scenari quotidiani e improvvisamente accessibili. Toilette dall’arredamento eccentrico, pareti dai colori squillanti, stanze ricoperte di legno con tanto di ventola al soffitto, interni tardo anni Sessanta. E questo non è certo un caso isolato: un nuovo percorso, un modo nuovo di usare i social è ormai in piena diffusione. Sicuramente l’arte contemporanea passa spesso anche attraverso Instagram, ma cosa succede quando è nativa di Instagram? Territorio da tenere d’occhio dunque, che sembra promettere bene, anzi benissimo. Basti pensare, tra tutti, alla giovane artista argentina Amalia Ulman, ma anche a progetti dal concept più spiccatamente pop e ironico: il bellissimo feed Artlexachung (Amate la pittura? Siete ossessionate da Alexa Chung? Buttate un occhio sul cover di questo pezzo e siete sistemate!) o Babes at the museum.
{Angela De Gregorio}

Architettura sociale: Verso la Biennale di Aravena

Trend-design-4-visioni-sul-2016-taking-care-biennale-venezia-padiglione-italia

Taking care – Progettare per il bene comune è il tema guida del Padiglione Italia alla prossima Biennale di Architettura. Curato da TAMassociati è stato presentato nei giorni scorsi, a Roma

Cosa stanno insegnando i fenomeni migratori che interessano la comunità internazionale e le politiche di integrazione promosse da più parti nel mondo agli architetti? Con maggiore urgenza nella professione ci si interroga sul proprio ruolo professionale e su quello della disciplina, inserendola all’interno dei sistemi sociali organizzati e complessi. Il risultato è la riscoperta di una dimensione educativa, portatrice di valori collettivi. L’architettura può partecipare allo sviluppo democratico della società, all’accrescimento del welfare, e può costituire spazio sociale, luogo di incontro e scambio, nella città, contribuendo alla risoluzione di conflitti. E la Biennale di Architettura al via alla fine del mese prossimo – guidata dall’architetto cileno Alejandro Aravena sul tema  ‘Reporting from the front‘ – ne offrirà estesa testimonianza.
{Martina Giustra}

Home décor: aspirazione Wild/Natural

Trend-design-4-visioni-sul-2016-stile-wild-natural-home-decor

Dall’uso di materiali naturali, come legno, terracotta, fibre tessili, e dall’impiego di superfici grezze non trattate possiamo aspettarci molto: la ricerca del pezzo incompiuto di fattura artigianale è sempre più comune. Se Wild è stata la tematica dell’edizione invernale 2016 di Maison&Object, lo stile natural che ricorda l’autenticità di una vita a contatto, nel rispetto di Madre Terra, si sta facendo strada tre le tendenze home décor che ritroveremo durante tutto l’anno. Al bando ogni forma di decorativismo, dunque: ampio spazio a forme regolari e crude, colori neutri e tonalità polverose in nome di quella filosofia del non finito che regala una sofisticata essenzialità. Con buona pace di chi consiglia accostamenti cromatici preconfezionati come Pantone
{Arianna Giancaterina}

Power to the people!

Trend-design-4-visioni-sul-2016-Turner-Prize-vincitori-Assemble

Granby Four Streets è il progetto di riqualificazione urbana di un quartiere di Liverpool che il collettivo Assemble sta portando a termine con il coinvolgimento dei residenti

Prendo il prestito le parole usate dal quotidiano inglese The Guardian per omaggiare la vittoria da parte del collettivo di giovani architetti, designer e artisti Assemble del Turner Prize 2015 – assegnato, per la prima volta dalla sua fondazione, ad un progetto non afferente le arti visive – per sostenere come quello in corso sia l’anno dell’azione. Nonostante i sentimenti di angoscia, in costante espansione, nella vecchia Europa, una call to action si sta diffondendo in tutti gli ambiti della progettazione, favorendo l’interazione tra le discipline. E, con la complicità dei social, la genesi di sinergie e di territori di intervento per nuove ibridazioni.
{Valentina Silvestrini}

Bonus track: Il profilo Instagram da tenere d’occhio!

Trend-design-2016-Yeah-Right-Instagram-T-shirt-New-York

Instagram si sa, è il contenitore per eccellenza di tutti i trend del momento. Quello su cui mi sento di scommettere per i mesi a venire? Le customized embroidered t-shirt. I motivi sono tre: il capo minimal che, si sa, non ha rivali; l’ironia che non guasta e in più ci sono quelle frasi ghetto che ci piacerebbe tanto tatuarci addosso per sentirci delle eterne Jenny from the block. Il profilo Instagram dei ragazzi di Yeah Right è pronto a decollare verso i numeri che contano.
{Ilaria Frigeni}

L'articolo Trend design: 4 visioni sul 2016 sembra essere il primo su Cosebelle magazine - Femminile, indipendente, brillante.

Cosa mettere in valigia per un viaggio in Islanda

$
0
0

Giornate che si allungano, neofiti della corsa che attraversano le strada senza guardare, giornali e tv che iniziano a proporre servizi dedicati al dimagrimento facile-veloce-nei punti giusti e amici che prenotano trattamenti dall’estetista per prepararsi all’abbronzatura sono i classici esempi di panico da inizio della bella stagione. Eppure c’è un modo così semplice per evitare la prova costume: organizzare un viaggio in Islanda. 

viaggio in islanda valigia cosa portare

Tra ghiaccio e fuoco

L’Islanda è un luogo che a mio avviso è molto difficile non amare, certo se siete tipi da tropici tutto l’anno mi direte “fa freddo, c’è sempre vento, ci sono solo vulcani, ghiaccio e strade deserte”, il che riassume in linea di massima la geografia dell’isola, eppure rimane una terra che ti distrugge con la sua potente bellezza. Quest’isola a nord dell’Europa è per me una destinazione dove il silenzio è assordante, tutti i sensi si amplificano e non riesco a smettere di farmi mille domande sulla potenza della natura. Per condividere la meraviglia di questa terra di ghiaccio e fuoco, nelle prossime settimane leggerete altri due post che vi aiuteranno ad organizzare un viaggio responsabile, sicuro e rispettoso. Oggi ci occupiamo di organizzare mentalmente la valigia.

viaggio in islanda abbigliamento valigia

Quale valigia usare e come vestirsi

Uno zaino, ovviamente! Ah, volete per forza partire con il trolley che ha le quattro ruote che si muovono con la forza del pensiero? Procedete pure, però mandatemi un video di quando cercherete di trascinarlo su prati o stradine non asfaltate. Uno zaino da trekking capiente circa 60 litri è perfetto per contenere tutto quello che serve per 7/15 giorni in Islanda, a patto che abbiate anche uno zaino più piccolo dove mettere tutti gli oggetti che servono a portata di mano. Macchina fotografica, treppiede, occhiali da sole (sì, anche in pieno inverno, avete presente l’effetto accecante del sole che si riflette su distese infinite di neve bianchissima?), berretto e guanti vanno in quest’ultimo.

Estate o Inverno la differenza di temperatura ovviamente c’è, ma non crediate che il semplice fatto di andare in Islanda ad Agosto implichi un incoraggiante bagaglio di tshirt e pantaloncini corti. Il classico, miracoloso abbigliamento a cipolla è il salvavita di ogni stagione in Islanda, dove il vento non smette (quasi) mai di soffiare.

valigia islanda viaggio islanda zaino islanda

Illustrazione di Eleonora Arosio

Cosa non può mancare in valigia

Inverno: se decidete di ignorare il primo strato (maglia a maniche lunghe e leggins) in materiale termico siete dei folli. E’ indispensabile così come lo sono i guanti anti-vento, i pantaloni e la giaccia da sci/neve e qualche buon pile. Completa il tutto una camicia in flanella tra il primo strato e il pile: ora vi starà venendo caldo solo al pensiero, ma quando cercherete di capire qual è il vostro cottage scendendo dall’auto ogni 50 metri sotto ad una bufera di neve, mi ringrazierete.

Estate: cambia la pesantezza dei capi ma non la stratificazione: tshirt tecnica, camicia (flanella o jeans), pile. E sotto leggins e pantaloni tecnici/da trekking. La vestizione ogni mattina in Islanda richiede una certa organizzazione! Un paio di sneakers può tornare utile nelle lunghe ore in auto e una mascherina per dormire può evitare di svegliarvi alle 2 di notte quando il sole è già alto. Quando avrete finito di vestirvi mancherà ancora un’ultimo ma indispensabile strato: una giacca di media pesantezza (non da neve ma più calda di un piumino 100 grammi, per intenderci). Quest’ultima meglio se antivento e impermeabile.

Sempre: calzini tecnici, scarponcini da trekking impermeabili (fondamentale), infradito in gomma, costume da bagno (volete rinunciare a questo oppure questo? Beh sì, allora potete lasciarlo a casa), sciarpa/scaldacollo, berretto di lana.

Cosa può rimanere a casa

Lasciate a casa jeans (pesano in valigia, non tengono caldo, se si bagnano non ci mettono una vita ad asciugarsi) e ombrello (lo vedreste distrutto in pochi minuti). Inutili anche sandali e qualsiasi abbigliamento ricercato (vestiti o gonne). Quasi inutili i pantaloncini corti.

L'articolo Cosa mettere in valigia per un viaggio in Islanda sembra essere il primo su Cosebelle magazine - Femminile, indipendente, brillante.

Women With Tattoos: un progetto fotografico

$
0
0

IMG_2872-Women-with-Tattoos-Irene-Eleni-Stefanou-wave-HALF-OF-ORIGINAL-SIZE

Abbiamo già accennato al progetto Women With Tattoos in un articolo dello scorso anno. Era nato come un progetto fotografico con un inizio e una fine, ma poi a quanto pare le due autrici hanno deciso di continuare il loro percorso di ricerca e di scoperta all’interno del mondo delle donne e dei loro tatuaggi. Abbiamo intervistato la fotografa del progetto, Eleni Stefanou, per farci raccontare le sue impressioni sul rapporto che lega le donne e i segni indelebili sulla pelle.

Cosebelle: Sappiamo che sei una fotografa di talento e che hai iniziato questo progetto qualche anno fa insieme a Christina Theisen. Raccontaci perché avete scelto nello specifico le donne e i loro tatuaggi e non un più generico “persone tatuate”.
Eleni Stefanou:
Mi faccio questa domanda di tanto in tanto anche io e questa è la risposta che semplicemente continuo a darmi: la verità è che non mi interessa molto capire la relazione che gli uomini hanno con i tatuaggi. Forse è perché mi identifico di più con le donne e quindi mi sento naturalmente più curiosa di sentire le loro storie. Mi interessa capire il ruolo che giocano i tatuaggi nel ridefinire le regole di genere, per esempio il modo in cui riformulano quello che noi consideriamo come “femminile”. Mi interessa anche capire come i tatuaggi aiutano le donne ad accrescere la loro fiducia in sé stesse. Questo progetto mi ha permesso di parlare con le donne di argomenti a cui tengo molto.

Tu hai tatuaggi? Se sì, raccontaci qualcosa in proposito e se no, beh, questo sì che è interessante considerato il tuo progetto! Perché no?
Sì, ho un tatuaggio sul lato destro del costato. L’ho fatto 5 anni fa, dopo aver compiuto 25 anni. È la forma geometrica di un prisma in nero e grigio. Pianifico il mio secondo da anni ormai. Ci metto molto a sviluppare l’idea e a trovare il tatuatore adatto ad interpretarlo. Nel mio caso i tatuaggi hanno un ruolo molto intimo: mi ricordano dei miei valori. Vorrei tatuarmi simboli che abbiano un significato in merito ai valori che segnano il mio percorso nella vita. Rappresentando simbolicamente questi valori prometto a me stessa di tenere loro fede e di superare qualunque ostacolo o inibizione si frapponga tra me e ciò per cui voglio lottare nella vita.

IMG_6716-Women-with-Tattoos-Eleni-Stefanou-Bisi-quote

La storia ci racconta che i tatuaggi venivano spesso usati in riti di passaggio, simboleggiando e documentando le diverse fasi della vita. Pensi che questo aspetto sia stato in qualche modo mantenuto anche in questa “età moderna” dei tatuaggi?
Oh, sì, assolutamente. La maggior parte delle donne che ho fotografato parla dei propri tatuaggi in questo modo. I tatuaggi assumono un significato simbolico come segni sul corpo, ma anche il processo del tatuarsi è molto importante. Molte persone ne parlano come un’esperienza rituale da cui si riemerge cambiati. Questo naturalmente è in parte dovuto alle endorfine rilasciate dal corpo, per cui lo stato mentale è fisicamente alterato.
Non sono una storica dei tatuaggi né un’antropologa, ma penso che forse la differenza di questa “età moderna” della cultura del tatuaggio nella civiltà occidentale sia che è molto radicata nell’individualismo. Spesso ci si tatua per creare una propria unica identità visiva che ci distingua. Invece in certe culture, in particolar modo in quelle indigene, i tatuaggi ricoprono un ruolo specifico dal punto di vista simbolico che viene condiviso dalla comunità.

IMG_5467-Eleni-Stefanou-Women-with-Tattoos-Farzana_01

Un elemento ricorrente nelle interviste sono i tatuaggi come parte di un processo di guarigione per traumi fisici o emotivi. È così che le donne riprendono il controllo delle loro vita dopo un momento difficile, prendendo il controllo in modo permanente sul loro corpo?
Questo è un aspetto che mi interessa davvero comprendere. Penso che tu abbia ragione quando parli di controllo, ma forse una definizione ancora più adatta è dire che i tatuaggi ci danno potere e consapevolezza. Possono avere un fine estetico, facendoci sentire belle, possono dire al mondo: “Io sono ciò che sono e rifiuto la vostra visione limitata di come una donna dovrebbe apparire” e possono anche essere un modo per elaborare un trauma attraverso un’esperienza fisica. Il corpo non è soltanto un mezzo, come tendiamo a pensare in Occidente; è strettamente interconnesso al nostro stato mentale ed emotivo. Esprimere noi stesse attraverso i nostri corpi può diventare uno strumento molto potente e permetterci di superare certe situazioni. Una delle donne che ho intervistato, Gabriella, ha detto una cosa molto bella sul momento in cui si stava tatuando. Ha detto: “è stato come se l’ago stesse svelando queste immagini sul mio braccio, invece che aggiungerle”.

IMG_6610_gabriella-apicella-women-with-tattoos-eleni-stefanou-1000

In quanto fotografa hai sicuramente occhio per ciò che è bello. Pensi che i tatuaggi abbiano creato dei nuovi standard di bellezza?
È molto gentile da parte tua, grazie. È interessante perché da una parte ci sono persone come Rihanna che danno il via a mode nel campo dei tatuaggi, ma ci sono anche quei momenti come quando una celebrità come Cheryl Cole ha scioccato il mondo con il suo enorme tatuaggio di rose sul fondo della schiena. Penso che in questi momenti sia evidente quanto, come società, ci importi dell’aspetto delle donne e non riusciamo ad accettare del tutto quando certi standard di bellezza vengono trasgrediti. Quindi la mia risposta alla domanda è sì e no. 🙂

English version: 
We know you’re a talented photographer and you started this project a few years ago with Christina Theisen. Tell us why you chose specifically women with tattoos and not just “tattooed people”?
I ask myself this question from time to time and this is the simple answer I keep returning to: the truth is that I’m not really drawn to understanding the relationship that men have with tattoos. Maybe it’s because I identify more with women and am therefore naturally more curious to hear their stories. I’m interested in how tattoos play a role in redefining gender norms, for example, how they reshape what we consider to be ‘feminine’. I’m also interested in how tattoos help women build their confidence. This project has allowed me to talk to women about the subjects I feel strongly about.
Do you have any tattoos yourself? (If yes tell us something about it and if not, well, that’s interesting considering your project! Why not?)
 Yes, I have one tattoo on my right side rib cage. I got it 5 years ago after turning 25. It’s a black and grey geometric shape of a prism. I’ve been planning my second one for a few years now. It takes me a long time to develop the idea and find the right tattoo artist to interpret it. In my case, tattoos serve quite a private role: they remind me of the values I believe in. My plan is to be tattooed with symbols that signify the values I adopt throughout my journey in life. By symbolising these values, I make a commitment to myself to be true to them and to overcome any inhibitions that may be keeping me from embracing what I really want to stand for in life.
History tells us that tattoos were often used in rites of passage, symbolizing and documenting different phases of life. Do you feel that this aspect has been preserved somehow in this “modern era” of tattoos?
 Oh, yes, absolutely. Most of the women I have photographed talk about tattoos in this way. Tattoos take on symbolic meaning as marks on the body, but the process of being tattooed is also very important. People will talk about it as a ritualistic experience that you emerge from changed. This is of course in part induced by the endorphins that your body releases, so your state of mind is actually physically altered.
I’m not a tattoo historian nor an anthropoligist, but I do think that perhaps the difference with ‘modern era’ tattoo culture in the western world is that it’s very much grounded in individualism. So people often get tattoos to form a unique visual identity that marks them out. Whereas, in certain cultures, particularly indigenous ones, tattoos perform a very specific form of symbolism that is shared among the community.
In many of your interviews I found tattoos being part of a healing process for some kind of physical or emotional traumas. Is this how women take back control over their lives after difficult times, by taking control permanently over their bodies?
This is an area I’m really interested in understanding. I think you’re right in saying that it’s about control, but maybe a more suitable description would be to say that tattoos are empowering and give us agency. They can serve an aesthetic purpose, making us feel beautiful, they can say to the world “I am my own person and I reject your limited view of what women should look like” and they can also be a way of processing a trauma through a physical experience. The body isn’t just a vessel, as we tend to think of it here in the west; it is totally interwoven with our mental and emotional state. Expressing ourselves through our bodies can be very powerful and can allow us to transcend situations. One of the women I interviewed, Gabriella, said something really beautiful about the moment she was getting tattooed – she said: “it was as though the needle was uncovering these images on my arm, rather than adding them.”

As a photographer, you certainly have an eye for beauty. Do you feel that tattoos have created new beauty standards?
That’s really kind of you to say, thank you. It’s interesting, because, on the one hand, you have people like Rihanna setting off tattoo trends, but you still get these moments where a famous woman like Cheryl Cole will shock the world by getting a massive lowerback rose tattoo. I think in these moments we’re reminded that, actually, we care deeply as a society about how a woman looks and we cannot handle it when she trangresses mainstream beauty standards. So my answer to the question is yes and no 🙂

L'articolo Women With Tattoos: un progetto fotografico sembra essere il primo su Cosebelle magazine - Femminile, indipendente, brillante.

Viewing all 62 articles
Browse latest View live